lunedì 12 ottobre 2009

Le primarie, e dopo?


"La stampa estera sputtana il Paese". "Vogliono fare come nel '94". "Mi sono chiesto cosa davvero sia cambiato da quando l'intervento della magistratura fece fuori tutti i partiti e tutti i protagonisti furono costretti a lasciare la politica e qualcuno anche l'Italia". "L'editore di giornali come Repubblica e l'Espresso ha aperto una campagna di attacco al presidente del Consiglio, con lo scopo di indebolirlo con una character assassination". "Volutamente cercano di imbrogliarmi e d'illudermi per evitare che mi muova sul piano legislativo". "Sono l'uomo politico più perseguitato di tutta la Storia, di tutte le epoche del mondo".
A sentire queste affermazioni veementi, mi torna in mente lo Stalin degli ultimi anni (così come lo dipingevano le persone a lui più vicine). Paranoico, timoroso di fantomatiche congiure tramate alle sue spalle, senza alcun contatto con la realtà. E così anche Silvio Berlusconi. Si sente continuamente perseguitato, ormai incapace di guardare alla realtà, ma fedele solo alla sua personale narrazione. Un premier già debole a seguito dei notissimi scandali, dopo il giudizio sul Lodo Alfano appare ancora più rintanato nell'angolo. E per questo più impaurito. E per questo più pericoloso.
Per scongiurare il pericolo di un colpo di coda di un berlusconismo ormai sul viale del tramonto, questo Paese avrebbe bisogno di un'opposizione forte, seria, capace di difendere i pilastri della nostra casa comune: la Costituzione e le istituzioni che la garantiscono e la difendono, Capo dello Stato e Corte Costituzionale; e più in generale l'assetto democratico, il suo sistema di pesi e contrappesi, la limitazione di un potere nei confronti dell'altro. E al contempo capace anche di costruire un'alternativa credibile, non solo un nuovo governo, ma un nuovo orizzonte di senso.



Domenica si è svolta la Convenzione del Partito Democratico. Vorrei sorvolare sui meccanismi un po' farraginosi del Congresso e sulla formula vuota dell'appuntamento di Roma. La cosa da sottolineare è che, finalmente, per la prima volta dalla nascita di questo partito, si confrontano tre posizioni, tre punti di vista distinti e ben riconoscibili (nonostante le punte di penna di alcuni editorialisti vogliano farci credere il contrario). E sono d'accordo con Concita De Gregorio, è "una ricchezza, per un partito che non ha neppure due anni, contare su candidati di questo calibro". Oggi quale altro partito politico può dire altrettanto?

E però, non è tutto rose e fiori. Già dal 26 ottobre, chiunque esca vincitore da quella grande prova di democrazia che saranno le primarie, bisognerà tirarsi su le maniche e lavorare. E condizione necessaria per lavorare (condizione, appunto, non obiettivo ultimo) sarà quella di rimanere uniti, di piantarla di azzuffarsi. I continui battibecchi di questi giorni tra Franceschini e D'Alema, senza entrare nel merito, sono quanto di più dannoso ci possa essere. Sia chiaro, anche al di là della barricata non vanno tutti d'amore e d'accordo, anzi. Ma si risparmiano (anche, a volte, per codardia e ignavia) di aprire il fuoco amico. E questo dà ai cittadini una sensazione di unità, da cui discende una certa apparente credibilità che dà comunque sicurezza.
Ecco, quindi, la prima cosa da fare. Restare uniti, condizione necessaria per lavorare. Lavorare, ma per cosa?

Per costruire un Partito, radicarlo nel territorio, farlo divenire luogo di partecipazione. Farlo funzionare come strumento mediatore tra sfera politica e società. Farlo divenire un mezzo per tornare al governo e cambiare il Paese. Un mezzo, appunto, utile all'Italia. Per fare questo, un partito ha bisogno di un'identità in grado di renderlo riconoscibile ai cittadini. E di rendere riconoscibile la sua proposta.
Questo deve essere il PD. Una finestra attraverso la quale gli elettori possano vedere un'Italia nuova, moderna, più giusta, più equa.

Ciò che dice Bersani a proposito della destra che sparge ideologia è tutto vero. La destra è stata capace di evocare un'idea di Paese, deprecabile sì, ma chiara, netta, rassicurante. E, però, lo ha fatto cavalcando le paure. Sbagliano quelli che dicono che la destra è maggiormente capace di interpretare i bisogni della gente. Non li interpreta, perchè l'interpretazione suggerisce la soluzione per soddisfarli. Semplicemente gli balza in groppa e li cavalca, usando populismo e demagogia come un frustino.

Il PD deve fare l'esatto opposto. Deve mettere al centro un sistema di valori positivi condiviso. Disegnare una società aperta, inclusiva, libera da corporativismi e da influenze di poteri forti. Una società del merito in cui, allo stesso tempo, si faccia il possibile per rimuovere "gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana", come recita l'articolo 3 della nostra Costituzione. E ancora, una società delle conoscenze, in cui si investa nell'istruzione e nella ricerca, perchè solo così un Paese può dirsi competitivo e moderno nell'economia globale del XXI secolo. Una società verde, che sia finalmente in grado, grazie anche alla ricerca, di entrare nel solco della quarta rivoluzione industriale, percorrendo la strada che sta per aprire l'America di Obama, assieme alla nostra Europa. Una società libera dal giogo delle mafie, che ne soffocano l'economia, la libertà, la vita.

Per riuscire a fare tutto questo è indispensabile qualcosa che è mancato in questi due anni di esperienza dei democratici. Ricollegare l'azione politica al pensiero. Nell'epoca della "scomparsa delle ideologie" e soprattutto nell'epoca della modernità liquida e della velocità, al pensiero, considerato eccessivamente "lento", si è sostituita la comunicazione, il messaggio semplice o semplificatorio. Ma l'azione politica che nasce dalla sola comunicazione è evanescente. Sono il pensiero, la cultura, la capacità di avere una visione complessiva del mondo che danno radici ad un'azione politica incisiva, portatrice di un cambiamento reale e tangibile.
Se il Partito Democratico dal 26 ottobre inizierà a fare tutto questo, potremo finalmente dire addio al berlusconismo e guardare la fine del lungo tunnel con occhi nuovi.

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